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LA TRAVIATA AL TEATRO REGIO DI TORINO

” La Traviata”

musica di Giuseppe Verdi

Melodramma in tre atti, libretto di Giuseppe Maria Piave

In scena al Teatro Regio di Torino da Martedì 05 Marzo a Mercoledì 13 Marzo 2013

“La Traviata” viene messa in scena per la prima volta al teatro “La Fenice” di Venezia nel marzo del 1853; non è un successo, forse, come dicono le cronache, a causa degli interpreti non all’altezza, della censura austriaca e del tema scabroso per la borghesia dell’ epoca. Solo dall’anno successivo, quando viene riproposta nello stesso teatro con nuovi interpreti, il trionfo è travolgente.

Nel 1852 Verdi è in cerca di un soggetto per l’opera che gli è stata commissionata dal teatro veneziano e, mentre si trova a Parigi, assiste alla prima di “La dame aux camélias” di Alexandre Dumas figlio; subito s’innamora di quel soggetto e decide di metterlo in musica per “La Fenice”.

“La Traviata” è la storia di una giovane prostituta d’alto bordo nella Parigi di metà ottocento. L’azione dell’opera è contemporanea al pubblico e porta in scena la lotta impari tra il desiderio d’amore di Violetta e la violenza psicologica imposta dai rigidi moralismi sociali dell’ epoca.

 

Atto primo

Poco prima dell’ apertura del sipario siamo in attesa, vestiti e ombrelli neri, qualche scalino da salire per entrare in scena sulla delicata melodia del Preludio, in fila e silenziosi, tristezza nell’anima; inerpicati tra cubi scuri d’ogni dimensione, i primi portano un feretro: è il funerale di Violetta Valery, la “traviata”, anticipazione della fine immaginata dal regista.

Appena scomparsi dietro il fondale esplode la festa in casa di Violetta; via mantelle nere del lutto, ora musica spumeggiante, smoking e abiti da sera, vini e tintinnio di bicchieri.

Violetta è molto giovane, come Marguerite Gautier, protagonista della tragedia di Dumas, e sa che la tisi sta consumando la sua vita molto in fretta; cerca di allontanare il peso della malattia ballando e rubando al tempo amori fugaci.

Durante la festa le viene presentato il giovane Alfredo Germont, rampollo di ottima famiglia borghese che è già innamorato di lei; cantano insieme il brindisi poi, afferrati dalla gioia della serata, anche noi alziamo i calici al cielo, occhi puntati al direttore d’orchestra: “libiam ne’ lieti calici”.

Dalle stanze vicine ci richiama la musica per il ballo, Violetta desidera continuare la festa ma seguendoci si sente male: la malattia avanza, toglie improvvisamente forze e fiato. Usciamo in fretta, indifferenti, Violetta e Alfredo rimangono soli per qualche minuto.

Dietro il legno delle quinte sentiamo Alfredo che le parla del suo amore da quando la vide per la prima volta, di come si prenderebbe cura di lei se lei volesse, cerca di convincerla dei suoi sentimenti con parole d’un uomo che la ama totalmente. E lei sembra conquistata: si rivedran domani, quando lui riporterà appassito il fiore che Violetta gli ha dato poco prima.

Tocca a noi ancora risalire strette scalette, incunearci in piccole porte dentro i nostri caldi abiti da sera: come esercito invasore decine di gambe che scalano cubi, mani occupate a raccogliere i bicchieri lasciati prima, come ospiti che passano da una festa all’ altra, giocando d’azzardo e dormendo sol per ripetere ancora nottate come questa. Cantando raggiungiamo la parte opposta e usciamo dalla scena. Violetta rimane sola sul palco, la sua anima per specchio.

Per lei la vita è sempre stata follia, piacere d’ attimi, uomini che la usano, soldi per la sua bellezza, la società, lei stessa non può credere che un uomo possa amarla veramente; speranza, realtà e sogno si scontrano nella mente, “Essere amata amando”: impossibile per Violetta!

 Atto secondo

Violetta e Alfredo vivono insieme da alcuni mesi nella grande casa di campagna di lei.

Il giovane Germont è appagato accanto alla donna che ama e l’ universo intero perde significato in questo paradiso perfetto, ma vivere in quella grande villa è dispendioso e Violetta sta vendendo ogni suo bene per poter mantenere il loro bellissimo nido. Appena Alfredo lo scopre si sente umiliato e colpevole e parte subito per Parigi dove rimedierà a questo grande disonore.

Violetta rimane da sola ad incontrare il padre di Alfredo che viene a rivendicare il rispetto di convenzioni sociali contro le quali i due stanno vivendo: Alfredo ha una sorella che sta per sposarsi ma il promesso sposo rifiuta di portarla all’altare fino a quando il fratello vivrà con una prostituta.

Il vecchio Germont è venuto per chiedere a Violetta d’allontanarsi per sempre da Alfredo, anche se capisce ch’ella lo ama veramente.

Violetta, seppur straziata dalla richiesta e per il bene della ragazza sconosciuta, accetta il sacrificio.

Fuori dal palco ci stiamo preparando per entrare di corsa in casa di Flora, amica di Violetta, e partecipare all’ ennesima festa; le nostre colleghe sono già sui cubi, protagoniste della serata, zingarelle per l’ occasione e ammiccano, ci attraggono e respingono, scherzando in giochetti di seduzione.

Sotto il grande lampadario anche noi fingiamo d’ esser mattadori: breve coreografia di fermo immagine e scatti fulminei a riprendere improvvisazioni scherzose, ci si muove tutti come corpo unico dopo tante repliche dello spettacolo.

Mentre sui cubi più bassi si gioca alle carte arriva Alfredo che spera di trovare qui Violetta che finge di accompagnarsi con un altro uomo.

Il giovane si sente tradito e oltraggia Violetta gettandole in faccia i soldi che ha vinto al tavolo.

Immobile, sublime canto dei violini come sospesi oltre quinte e torre di scena, noi raggelati, come visibili statue e Violetta che muta d’aspetto, quasi crisalide spinta dal dolore rientra nel bozzolo bianco: un letto, l’aria rara nei polmoni, la fatica degl’ultimi passi.

 Atto terzo

La tisi trionfa nel corpo di Violetta; giovane fiore appassito in fretta ansimante sul letto, il responso medico è chiaro: “la tisi non le accorda che poche ore”.

Nelle strade di Parigi folla festosa per il Carnevale, e lei si guarda allo specchio, quasi impaurita dalla figura riflessa. Ombra di quella che era, un solo desiderio ancora: rivedere Alfredo che sta correndo da lei, appena conosciuto il suo sacrificio d’ amore. Un ultimo abbraccio tra i due e la speranza che spinge a bugia d’ ancor nuove avventure insieme, una nuova vita felice lontano da Parigi. Arriva anche il vecchio Germont a chiederle perdono come ad una figlia, addirittura.

Il tempo trascina in fretta la storia di Violetta, intimità delicata d’un pallido sorriso, molti ricordi, ancora un bacio.

In fretta come un fiore, un ultimo grido quasi di gioia, sola come nella vita, un corpo bianco raccolto in fascio di luce, ora immobile; Violetta Valéry come il ricordo della musica sublime.

 

Immagine: Teatro Regio di Torino

 

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