Dramma giocoso in due atti di Domenico Cimarosa
su libretto di Giovanni Bertati
in programma al Teatro Regio di Torino da Giovedì 14 Marzo a Domenica 24 Marzo 2013
“Il matrimonio segreto” viene messo in scena per la prima volta nel 1792 al Burgtheater di Vienna riscuotendo un successo folgorante; quella sera non solo lo spettacolo durò molto a lungo per gli applausi del pubblico e i molti “bis” concessi ma, dopo la cena alla quale venne invitata la compagnia, l’ imperatore Leopoldo II volle che si replicasse tutta l’ opera.
Il libretto di Bertati fu tradotto nelle principali lingue dell’ epoca e l’ opera di Cimarosa venne subito rappresentata in tutta Europa in un’ esplosione di popolarità travolgente. La trama è tratta dalla commedia inglese ” The clandestine marriage” di Colman e Garrick.
“Buio in sala, il Maestro scende”, fatidico annuncio che lo spettacolo sta per cominciare. Corro a salutare alcuni interpreti dell’ opera, conosciuti da tempo. Sono nei camerini, concentrati, alcuni molto tesi perché un poco d’ incertezza sempre s’annida nella memoria; e poi c’è tensione per la propria voce, mistero interiore di profonda psicologia, il terrore d’ improvvisa afonia, salivazione eccessiva, piccoli suoni scrocchiati sempre in agguato tra acuti e acrobazie vocali. Altri li attendo accanto al sipario rosso ancora chiuso; visto da qui pare una fetta di luce bianca, una scure di sole su scenografie di legno chiaro, mentre l’ ultima prova delle luci di scena proietta un cielo impazzito di colori allo sfondo. Colonne, un tavolo e sedie rococò, tecnici a spingere pannelli su ruote, sarte con drappi e cappelli di scena. Arrivano i miei amici; saluti, abbracci polverosi, un gusto di cipria intorno, trucco vistoso e parrucche bianche, boccoli su teste femminili. Un ultimo “In bocca al lupo” detto in fretta, poi di corsa a cercar posto tra il pubblico; questa è un’ opera senza coro, rara occasione per me di stare oltre lo specchio, un poco a disagio senza quella sottile tensione che precede la recita. Durante la sinfonia d’ apertura, oltre quel basso corrimano di legno, è un vorticare d’avambracci, di mani e dita su corde di violini, viole, quasi abbracci di violoncelli e contrabbassi, di facce attente gonfie di fiato dei fagottisti, dei cornisti e dei trombettisti impettiti; tra i leggii illuminati occhi che passan dalle note ai gesti del direttore, attimi di pausa e sguardi al palco.
Atto primo – Tutta la vicenda si svolge in casa di Geronimo: ricco, vecchio e quasi sordo borghese che vorrebbe maritar le due figlie a nobili aristocratici. Non sa che il suo servo Paolino e sua figlia minore Carolina sono già segretamente sposati da alcuni mesi; i due stanno cercando il modo meno traumatico per dirlo al burbero vecchio, e mitigarne lo sdegno e contenere lo scandalo. Intorno ai due innamorati si muovono personaggi tipici della comicità settecentesca: la sorella maggiore di Carolina, Elisetta, ambiziosa, dispettosa e malignetta, la zia Fidalma, zitella matura e ricca invaghita di Paolino, il conte inglese Robinson, al quale Paolino ha chiesto di sposare Elisetta, convinto che dopo il matrimonio nobile di una figlia il vecchio Geronimo avrebbe potuto accettare con animo migliore il legame plebeo di Carolina. Ma, con l’ arrivo del conte inglese, la vicenda si complica: appena saluta Carolina, il conte se ne innamora perdutamente, rifiutandosi di sposare Elisetta. Seguono strepiti, accuse, improperi della sorella maggiore contro Carolina in una frastornante girandola di litigi che coinvolgono l’ intera famiglia, a parte l’ esterrefatto Geronimo:nella sua sordità sente solo mezze parole e non capisce il motivo di quel baccano. Si chiude il sipario e subito parte un concerto per schiarimenti di voce e carte di caramelle stropicciate. Molti scattano per esser i primi della fila al bagno o davanti al bar. Un mormorio, poi vociare generale: gente che si riconosce, commenti sulle voci, battute, sfoggio d’abiti e cravatte serie. Il caos del mondo di fuori invade la platea, sosta frizzante tra poltroncine rosse e tacchi a spillo, volti giovani e barbe brizzolate. Poi l’ ombra di fine intervallo calma quel vortice, ognuno ritorna nel proprio velluto, la gola più sazia e placata, migliaia d’ occhi irretiti, affascinati; riprende la musica!
Atto secondo – Il conte Robinson, pur di sposare Carolina, chiede al tirchio Geronimo solo metà della dote e nel frattempo Paolino cerca aiuto presso la zia Fidalma; ma questa, fraintendendo le parole del giovane e pensando d’ esserne amata, si getta tra le sue braccia.Carolina passa proprio in quel momento e accusa Paolino di tradimento. Intanto Elisetta cerca di convincere il vecchio padre a far rinchiudere la sorella minore in convento; gli eventi precipitano e i due giovani sposi in incognito decidono di fuggire durante la notte. Colpo di scena: vestiti per il viaggio escono in punta di piedi ma vengono scoperti. Accorre tutta la famiglia in vestaglia da notte e si chiarisce ogni equivoco: Paolino e Carolina confessano il loro matrimonio segreto tra le urla dei parenti sconcertati. Rapidamente l’ amore che il conte inglese ha per Carolina gli fa risolvere l’inghippo: sposerà Elisetta,così come promesso al sordo Geronimo e con buona pace di tutti quanti. Personaggi e cantanti schierati in fila per il concertato finale, bicchieri per brindisi in mano nella grande festa di musica e poesia che conclude l’ opera. Poi le mani bianche del pubblico s’ agitano, scatta l’ applauso finale e liberatorio di gente inchiodata d’ entusiasmo, gli interpreti uno ad uno in proscenio per dosi personali d’acclamazione, tra commenti e urla:”bravo!”. Questo è il teatro.
Immagini: Teatro Regio Torino