Scene liriche in tre atti e sette quadri – libretto di Petr Il’ic Cajkovskij e Konstantin Silovskij – tratto dall’ omonimo romanzo in versi di Puskin – Musica di Petr Il’ic Cajkovskij
in scena al Teatro Regio di Torino da Venerdì 17 a Domenica 26 maggio
L’ immensa musica di Caikovskij inonda il teatro già da qualche minuto e la voce del direttore di palcoscenico ci chiama: le gambe pizzicate nei pantaloni di lana con bretelle sulla camicia spessa di panno abbottonata alla cosacca, anch’ io mi preparo dietro l’ultima quinta nera, mentre una luce fortissima dall’altro lato del ponte mi trafigge gl’occhi e penetra nel grande spazio laterale quasi deserto: lunghe travi d’acciaio appoggiate ai muri di cemento, file di sedie, carrucole su impalcature e leoni di schiuma polimerica abbandonati dall’opera precedente, immobili, sopra zampe che paiono vive. Un treno di ombre veloci passa tra televisori di servizio e vapori di polvere e sembra tatuare improvvisamente di bianco le facce dei tecnici di passaggio. Prima di scendere la scaletta di legno scorgo in basso i colleghi già arrivati: gonne e cappelli neri traforati, cappotti e berretti neri, qualcuno seduto sugli stretti scalini o in piedi assorto, sembra uno sciame di creature strane approdate in un cratere. Le voci dei solisti arrivano fioche,qui sotto,come se si propagassero solo nella luce che vedo in alto, dietro la ripida scala che dobbiamo salire per apparire in scena. Qui sotto, come le carte impazienti dietro l’ombra dello specchio d’Alice, attendiamo in silenzio il momento d’entrare in gioco, sotto il gigantesco fondale dipinto di spighe gialle, dietro i montanti che sorreggono la veranda di casa Larin; siamo in attesa di cantare il dolore composto e profondo dei contadini russi affaticati dal lavoro nei campi, mani e gambe dolenti, la loro fatica di sempre.
Atto 1
Sulla scena il grande porticato d’una casa affacciato verso la campagna russa e il giallo vivo d’ immensi campi di grano sul fondale. La vedova Larina, ascoltando le canzoni delle due figlie, Olga e Tatiana, ricorda la propria gioventù lontana, le prime avventure amorose, il matrimonio e la morte del marito. Dal ponte di scena sprofondato cominciamo la nostra triste canzone di contadini e adagio saliamo la scalinata invisibile al pubblico con mazzi di spighe tra le mani,il nostro dono per la signora Larina. Arrivati in proscenio cerco di ritrovare la mia posizione in mezzo alle due lunghe file di colleghi perché un altro canto popolare ci aspetta, con un testo lungo e complicato da pronunciarsi e subito ripenso a quante volte l’abbiamo ripetuto per portarlo a memoria. Tatiana, la più giovane e sensibile delle due sorelle, ne rimane fortemente impressionata; mentre usciamo dalla scena portando con noi il sudore e la polvere della mietitura, il giovane Onegin e il suo grande amico e poeta Lenskij entrano sotto il grande porticato. Subito l’animo di Tatiana s’infiamma per Onegin, mentre Lenskij rivela il proprio amore, ricambiato,ad Olga. Quella notte, chiusa nella propria camera, incapace di dormire,Tatiana, dopo molte esitazioni, scrive una lunga lettera d’amore a Onegin.
Ancora rientriamo in scena dove ci attendono le nostre colleghe immobili, trasognate; in mano ho una lettera e cerco la mia amata per stringerla in un affettuoso abbraccio, come se l’ immaginazione di Tatiana moltiplicasse all’infinito il proprio sogno d’amore.
Finalmente Onegin, ricco indolente e annoiato dalla vita, torna in casa Larina dove incontra Tatiana e le risponde seccamente di non credere nell’ amore e nel matrimonio e rifiuta il sentimento della ragazza, che rimane turbata in silenzio: il suo sogno d’ amore eterno è stato bruscamente distrutto.
Atto 2
In casa Larin si sta svolgendo una festa per l’onomastico di Tatiana; occasione tipica nella letteratura dell’800 in cui scorrono ritmi di valzer e mazurke. Per noi è già tempo di prepararsi in scena, tra macchinisti che avvolgono teloni e montano le grandi porte del corridoio di casa Larin, mentre la musica davanti continua. Siamo pronti: allegri e curiosi, attenti a questo Onegin, brillante giovanotto forestiero, che non perde occasione di dimostrare il proprio carattere altero e anticonformista: egli rappresenta la diversità indisponente che noi, aristocratici russi, tanto detestiamo.
Onegin decide di corteggiare Olga e la invita a danzare ripetutamente, mentre la gelosia cresce nella mente dell’ amico Lenskijl’; noi capiamo che sta accadendo qualcosa tra i due amici e assistiamo commentando all’ingigantirsi della situazione. Onegin s’accorge d’aver superato il limite dell’amicizia e cerca di recuperare la stima del suo amico, ma il poeta è furibondo, vengono alle mani e Lenskij sfida Onegin a duello.
Per me la scena termina guardando Lenskij che esce disperato dal corridoio stretto di casa Larin urlando il suo ultimo addio a Olga e scompare tra le teste dei miei colleghi più alti e il buio del grande spazio vuoto laterale. Rimango immobile nelle scarpe pesanti, la coda dell’ occhio rivolta ai piccoli tratti di luce che segnalano gli scalini della platea, fino alla chiusura del sipario: duello per gelosia, amori travolgenti esauriti nel tempo d’un ballo, offese all’onore, la morte cercata o data, il repertorio teatrale del possibile travasato dalla vita al di là della fossa d’orchestra. Lasciamo il palco per il cambio di scena: devo vestire il frac per il prossimo atto.
Ma per i protagonisti è il momento del duello, qualche ora dopo la festa. Due uomini un tempo amici ora si affrontano nel livido nascere d’un giorno d’inverno; il tempo pare fermarsi, il passato srotolato negl’ occhi vitrei del corpo che cade. Lenskij muore per mano d’ Onegin in quell’ alba di gelo e neve.
Atto 3
Subito dopo aver ucciso l’amico Onegin parte per un lungo viaggio, portando con se giornate ancor più vuote e noiose di prima. Il ricordo di ciò che ha fatto lo perseguita e anche ora, invitato ad una serata di balli nella casa pietroburghese del principe Gremin, la sua mente è estranea a questo tripudio di danze e allegria.
Stiamo aspettando con impazienza ai lati del palco, le colleghe calate dentro gonne gonfie e corpetti di raso nero, noi tutti in frac, ognuno cercando la propria compagna per l’ inizio della danza scozzese. Ripasso nella memoria i primi movimenti, gli inchini, immagino la velocità dei passi per tener dietro al ritmo velocissimo: abbiamo provato e riprovato questi movimenti per raggiungere il sincronismo tra le coppie che devono attraversare le colonne della sala. Si apre la porta di casa Gremin e oltre la luce accecante vedo solo il direttore d’orchestra, sento la mano leggera della mia compagna sopra la mia, braccio sinistro disteso, un sorriso come raccomandatoci dalla coreografa e ci lasciamo travolgere dalla musica. Tutte quelle ore di preparazione si consumano in pochi istanti, così come i mesi di studio per memorizzare il testo russo,una lunga preparazione per qualche minuto davanti al pubblico.
Ultimo giro, il baciamano galante e conclusivo, nemmeno il tempo per un applauso che entra la padrona di casa, ammirata da tutti gl’invitati: è Tatiana, sposata da qualche anno con il principe Gremin.
Quella giovane sensibile e sognante ora trasformata in una bellissima principessa scuote l’animo di Onegin che s’accorge d’amarla profondamente. Le posizioni sono ora invertite, è Onegin a scrivere una lettera d’amore a Tatiana, la vita per lui acquista nuovo significato e durante un drammatico colloquio, le dichiara il proprio disperato amore. Tatiana sente ancora in sé quella passione fortissima verso Onegin, ma non vuole cambiare il passato, ella è fedele all’amore totale del marito, e rifiuta l’amore di Evgenij.
In spogliatoio, ancora tra i denti parole russe per me quasi impronunciabili, lascio sotto una doccia tiepida gli applausi del pubblico e il pensiero che ripeteremo tutto anche domani: per oggi basta così.