Che sia possibile vivere a lungo e in modo sano grazie ad un consumo quotidiano e regolare di frutta e verdura, non è una novità. Qusti alimenti contengono, infatti, sostanze molto importanti quali i polifenoli. L’interesse verso questi composti presenti negli alimenti di origine vegetale, ha mostrato un aumento di tendenza fin dagli anni 90. Ciò è dovuto al crescente numero di studi scientifici che ne hanno dimostrato un ruolo benefico per la salute dell’uomo. Anche l’industria alimentare, con la produzione di integratori o additivi alimentari, ha incoraggiato la ricerca in questo campo.
I polifenoli presenti in natura si trovano in gran parte della frutta e verdura, ma anche in caffè, tè, noci, legumi e cereali. Sono stati identificati più di 8.000 diversi composti fenolici nelle piante. Secondo numerosi studi queste sostanze hanno effetti antiossidanti, antinfiammatori ed antitumorali.
L’interesse nei confronti dei polifenoli alimentari è stato valutato principalmente in studi epidemiologici che indicano un’associazione inversa tra l’assunzione di alimenti ricchi di tali sostanze e l’incidenza di malattie quali cardiovascolari, neoplasie e diabete.
Secondo una recente ricerca, pubblicata sul Journal of Nutrition, è possibile oggi valutare l’assunzione alimentare totale di polifenoli usando un biomarcatore nutrizionale e non solo un questionario di frequenza alimentare.
Lo studio che ha permesso di fare questa ricerca è quello italiano denominato “InChianti” (Invecchiare in Chianti) che si è basato su un’analisi durata 12 anni in un campione di abitanti di Greve e Bagno in Toscana, composto da 807 uomini e donne over-65, nell’ambito di uno studio di popolazione.
In questo lavoro è stato analizzato l’effetto delle diete ricche di polifenoli mediante un nuovo biomarcatore nutrizionale [la concentrazione di polifenolo urinario totale (TUP)], come misura rappresentativa dell’assunzione.
In conclusione, la ricerca ha dimostrato che la mortalità complessiva si è ridotta del 30% nei partecipanti con una dieta ricca di polifenoli (>650 mg/die) in confronto a quelli che ne assumevano quantità più basse (<500 mg/die). Raúl Zamora Ros, primo autore dello studio, ha sottolineato che “i risultati corroborano l’evidenza scientifica. Questa suggerisce che le persone che hanno diete ricche di frutta e verdura hanno un rischio minore di contrarre malattie”. La ricerca intende, inoltre, sottolineare l’importanza di valutare -se possibile- l’assunzione di cibo usando biomarcatori nutrizionali e non solo i questionari di frequenza alimentare. Il biomarcatore è una sostanza utilizzata come indicatore in un organismo vivente. La sua presenza, assenza o modificazione si può individuare e quantificare con appositi test e costituisce l’espressione di un processo biologico normale o patologico.
La Professoressa Cristina Andrés Lacueva, capo del Biomarkers and Nutritional & Food Metabolomica Research Group e coordinatore di questo studio, spiega inoltre che ” lo sviluppo e l’uso di biomarcatori nutrizionali consente di fare una stima più precisa e, soprattutto, più oggettiva di assunzione, poiché non si basa solo sulla memoria dei partecipanti che rispondono ad un questionario. I biomarcatori nutrizionali infatti tengono conto della “bioavailabity”(biodisponibilità) e delle differenze individuali. Secondo l’esperto quindi “questa metodologia permetterebbe una valutazione più attendibile e accurata dell’ associazione tra assunzione di cibo e mortalità o rischio di malattie “.
Il gruppo di studio del Biomarcatori nutrizionali & Food Metabolomica Research Group, che partecipa al progetto Fun-C-Food (Consolider Ingenion), collabora attivamente con diversi gruppi di ricerca nazionali e internazionali e concentra la sua attività sull’analisi di nuovi biomarcatori nutrizionali più efficaci e sensibili, in modo da associare l’assunzione di alcuni alimenti (marcatori di consumo) con i loro possibili effetti sulla salute delle persone. A tutt’oggi questi marcatori non sono determinati se non a scopo scientifico. Peraltro, visti i tagli di spesa anche in ambito sanitario, temo che questi parametri non saranno facilmente messi in uso nella quotidiana routine di laboratorio. Ci resta però almeno la certezza che, se frutta e verdura non potranno magari allungarci la vita, di sicuro ne miglioreranno la qualità.