Il valore più autentico dell’opera di Mario Vargas Llosa (premio Nobel per la letteratura nel 2010) sfugge ad ogni considerazione riduttiva che fa di lui, di volta in volta, un romanziere, un saggista, un giornalista e un drammaturgo. Per questo motivo le Università di Firenze e di Torino gli hanno conferito la laurea honoris causa (rispettivamente il 4 e il 7 giugno scorsi). Considerato uno dei più grandi scrittori in lingua spagnola, Vargas Llosa (peruviano di nascita, naturalizzato spagnolo) ha contribuito al boom della letteratura sudamericana negli anni ’60/’70 a partire da “La città e i cani” scritto quando aveva solo 25 anni. Come altri autori latinoamericani, egli è però anche attivo politicamente. La laurea ad honorem gli viene conferita, infatti (questo il motivo ufficiale) per “aver fatto della passione civile e dello spirito critico, una forma di resistenza delle derive del mondo contemporaneo e per l’alto valore culturale della sua produzione letteraria”. In questo senso, i suoi saggi, ancor più che i suoi romanzi, tracciano un percorso che lo hanno portato dal filo-castrismo degli anni giovanili a un liberalismo, mai concepito come punto di arrivo, ma sempre aperto al carattere dinamico della realtà. E’ la libertà, infatti, il centro della sua riflessione, nella letteratura come nella politica, ma quali sono i libri più rappresentativi del suo pensiero e del suo stile? “La città e i cani” , sicuramente, che resta uno dei grandi libri della letteratura sudamericana contemporanea. La più autobiografica delle sue storie, è ambientata in una comunità di cadetti nella scuola militare Leoncio Prado di Lima ed è stata anche trasposta in un film dal regista peruviano Francisco Lombardi. Poi il monumentale “Conversazione nella Cattedrale (del 1969) che è, invece, una dura analisi della vita politica e sociale del suo paese nonché una presa d’atto dell’impotenza personale di fronte alla dittatura. Con La zia Giulia e lo scribacchino” (del ‘77), Vargas Llosa si cimenta, anche, con uno stile diverso da quello dei suoi primi lavori, più leggero e umoristico, adottando un intreccio che paragona l’amore nei confronti di un essere umano con quello per i libri e la scrittura. Per gli amanti dei gialli, infine, “Il caporale Lituma sulle Ande”. Un’indagine sulla misteriosa scomparsa di tre manovali, di una miniera sulle Ande peruviane, svaniti improvvisamente nel nulla. Nonostante i primi indizi portino ad un possibile rapimento da parte dei guerriglieri del movimento rivoluzionario “Sendero luminoso”, il caporale non si ferma alla spiegazione più ovvia, addentrandosi in un intrigo di credenze popolari, riti magici e ancestrali che lo porteranno, dopo svariati colpi di scena, ad una scoperta sconvolgente.