La flora batterica intestinale è un “ambiente ecologico” formato da miliardi di microrganismi, suddivisi in circa 500 differenti specie, che contribuiscono al benessere dell’intero organismo. Il numero di microrganismi che compongono la flora (detta anche microflora) batterica intestinale è davvero elevato, basti pensare che può essere anche 10 volte superiore al numero di tutte le cellule del nostro organismo. Recenti studi hanno evidenziato che ciascuno di noi è dotato fin dalla nascita di una personale flora batterica intestinale: il “microbioma” definito come l’insieme del patrimonio genetico e delle interazioni ambientali della totalità dei microrganismi di un ambiente definito come ad esempio l’intestino. La microflora comincia a svilupparsi nel neonato non appena viene a contatto con i microbi provenienti dal tratto genitourinario della madre. I microorganismi, inizialmente lattobacilli e streptococchi, compaiono nelle feci già dai primi giorni di vita. Progressivamente si sviluppa poi un complesso ecosistema costituito da diverse specie di microrganismi aerobi ed anaerobi la cui concentrazione massima viene raggiunta entro i primi quattro anni di vita e permane fino all’età adulta. Vari fattori influenzano la microflora: l’età, la dieta, le infezioni e l’uso di farmaci. La regolarità intestinale costituisce un’utile barriera all’eccessiva proliferazione delle specie batteriche, mentre una condizione di stasi può implicare modificazioni nel numero e nella qualità dei batteri. La microflora ha un ruolo immunitario importante poiché ha la funzione di evitare che batteri intestinali possano attraversare la mucosa ed arrivare ai tessuti. I batteri intestinali hanno un ruolo importante nella sintesi endogena di alcune vitamine (B1, B2, B6, B12, PP, H, acido pantotenico ed acido folico) sia per la sopravvivenza dei batteri stessi che per l’organismo, il quale le utilizza insieme a quelle assunte con la dieta, mentre la vitamina K, sintetizzata dall’Eucobacterium lentum, è sufficiente per l’intero fabbisogno dell’ospite. Inoltre, la microflora intestinale è fondamentale per il metabolismo del colesterolo poiché, attraverso un processo di feedback, collabora col fegato alla sua conversione in acidi biliari che poi sono eliminati in parte con le feci e in parte trasformati e rinviati al fegato per una nuova riconversione. Un meccanismo simile assicura inoltre il corretto metabolismo degli ormoni steroidei (androgeni, estrogeni e corticosteroidi) che vengono deidrogenati a livello del fegato ed escreti con la bile. Inoltre, lo stesso apporto nutrizionale potrebbe avere effetti differenti nelle persone a seconda della composizione della loro flora batterica intestinale. Nell’animale è stato dimostrato che le variazioni quantitative e qualitative della microflora sono effettivamente in grado di influenzare l’assorbimento dei nutrienti e la disponibilità energetica. La ricerca sull’animale ha già documentato l’importanza dell’ecosistema batterico. E’ questo il risultato di uno studio condotto presso la Washington University School of Medicine a St. Louis e pubblicato sulla rivista “Science Translational Medicine”. In topi obesi è stato osservata una significativa riduzione dei batteri appartenenti alla famiglia dei Bacteroidetes e un proporzionale aumento dei Firmicutes tra i quali si trovano i famosi Lactobacillus. Occorre però precisare che i Lactobacillus sono 90 specie diverse ed alcune di queste sembrano agire invece in maniera antagonista all’aumento dei lipidi nell’organismo. Una variazione qualitativa e quantitativa nella microflora intestinale porterebbe ad una aumentata estrazione di energia dalla dieta ottenendo calorie anche da cibi che ne forniscono poco come ad esempio le fibre. Interessante è che in questi animali una dieta a basso contenuto calorico è in grado di ristabilire un adeguato rapporto bacteroidi/firmicuti inducendo una riduzione di peso. In altri studi, questa volta nell’uomo, è stato osservato che la concentrazione di Bifidobacterium era più alta nei bambini con un peso corporeo normale a 7 anni rispetto ai bambini che avevano poi sviluppato obesità. Al contrario il contenuto fecale di Stafilococcus aureus era più basso in bambini che sono poi rimasti magri nel corso della loro vita rispetto ai bambini che sono diventati obesi, suggerendo come il microbioma dell’infanzia possa avere un impatto sul rischio di una successiva obesità.
Uno dei vari meccanismi conosciuti attraverso i quali la flora batterica intestinale potrebbe influenzare l’obesità e le malattie metaboliche ad essa correlate è stato individuato nella produzione di lipopolisaccaride (LPS) che svolge un ruolo nell’infiammazione cronica sistemica ed è stato correlato con lo sviluppo di insulino-resistenza, alterata tolleranza glucidica oltre che di steatosi epatica (NASH).
La possibilità di prevenire o trattare l’obesità modificando la comunità microbica intestinale ha stimolato un numero crescente di lavori scientifici che però, a tutt’oggi, non hanno ancora prodotto uno specifico profilo di flora intestinale in soggetti obesi. Alcuni studi hanno riportato una qualche possibile relazione tra alcune specie di microbi intestinali e lo sviluppo di obesità ma questi dati richiedono ulteriori conferme e devono quindi essere interpretati con cautela. Inoltre i futuri studi sul ruolo potenziale del microbiota intestinale sull’obesità umana dovrebbero essere condotti a livello di specie utilizzando tecniche analitiche standardizzate e prendendo in considerazione tutte le possibili variabili confondenti tra cui l’età, il sesso, l’etnia, la dieta e vari fattori genetici. L’importanza della flora intestinale per la nostra salute e il nostro benessere è ormai comunque un dato di fatto. E’ fondamentale mantenere quindi il corretto equilibrio del microbiota intestinale, non soltanto per la prevenzione delle infezioni gastro-intestinali, ma anche per il buon funzionamento del sistema immunitario ed il possibile ruolo protettivo nei confronti di obesità, diabete di tipo 2, malattie infiammatorie intestinali e tumori del colon.
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