Matrimoni per amore, matrimoni per forza, cantava De Andrè. Nozze ricche e nozze povere. Sposalizi etero e sposalizi omo. Unioni per procura… Normale, fin qui. Già visto. Ma che dire dei matrimoni “monopersona”? Avete letto bene: una sola persona, lei, simula un rito nuziale senza lui. Succede a Kyoto, l’ex capitale imperiale del Giappone. Dove un’agenzia dal nome programmatico: “Cerca” ha lanciato (con grande successo, pare) il rito “solowedding”, una finzione, di fatto. Le nozze sono solo recitate da attori e figuranti che si applicano per far provare alle donne che lo desiderano le emozioni del grande giorno: l’ansiosa prova dell’abito bianco, i “parenti” al seguito che recitano la “famiglia” con tutto il contorno di fiori, organo, confetti e damigelle d’onore. E l’immancabile auto con autista, il brindisi prima della cena fastosa; gli “invitati”, naturalmente, sono anch’essi dipendenti dell’agenzia.
Il copione, ci informa Franco Venturini su Io Donna da cui ricaviamo quest’informazione, ovviamente varia a seconda della nazionalità, della religione della “sposa” e dei suoi gusti; i giapponesi, del resto, sono perfezionisti nati. Il costo di questa “realtà aumentata”? Un paio di migliaia di euro, la tariffa base.
No country for women
Può accadere solo là, direte. Può darsi. Nonostante la nomea di paese all’avanguardia, il Giappone in realtà sembra ancora arrancare nella parità dei sessi (la donna deve camminare tre passi dietro l’uomo, per esempio). Il gender gap è un problema concreto per le donne giapponesi, relegate dal maschilismo dominante ad un ruolo materno e subordinato, una condizione che si rivela in tutta la sua crudezza sopra tutto nel mondo del lavoro. Il fatto che nel 2014 Chie Shimpo sia stata la prima donna ad avere il comando di Nomura, la più grande banca di brokeraggio giapponese, non è che la conferma della condizione culturale in cui versa tuttora il paese del Sol Levante.
Tornando alle nozze immaginarie, ci sarà anche una prima notte di nozze? Venturini non dice. Del resto, una soluzione non sarà difficile da trovare; in Giappone, la produzione di hentai, manga, videogiochi e gadget sessuali ha raggiunto vette incomprensibili per noi occidentali.