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RACCONTI D’IRLANDA

L’Irlanda può cambiarti la vita. A sostenerlo è Vanessa Marenco, scrittrice esordiente ma già piuttosto conosciuta,  soprattutto tra i giovani, per il suo blog di viaggi “Skandorina’s Travel”.

Il suo libro “Racconti d’Irlanda”, recentemente pubblicato dalle edizioni Polaris, sta già riscuotendo un notevole successo. I suoi racconti sono schietti e immediati, come riescono ad esserlo solo le esperienze vissute intensamente. Divertono e commuovono, a seconda dei momenti, perché nascono da storie vere, vissute dall’autrice nel corso di otto anni di vita irlandese “dall’altra parte della strada, su una Punto nera scassata”.

Nata in Liguria, Vanessa Marenco, classe 1980, vive a Torino da diversi anni e, zaino in spalla, ha viaggiato per mezzo mondo, ma l’Irlanda spiega “mi ha migliorato la vita e mi ha donato possibilità che, in quei precisi momenti, l’Italia forse non mi avrebbe potuto dare”.

“Racconti d’Irlanda” è quindi anche (sempre stando alle sue parole) “una professione di entusiasmo nella vita all’estero”

“Fai fatica con la lingua” spiega  “almeno all’inizio, ma ti impegni e le cose cambiano, e impari valori e tradizioni che altrimenti ti sarebbero precluse. Il mio libro racconta di quotidiani e grandi cambiamenti, come ad esempio imparare a confrontarsi con vicende storiche complesse come quelle dell’Ulster”.

Dando vita ad un mix di scrittura in grado di passare dai toni scanzonati di un aneddoto al pub, alle riflessioni sui cambiamenti politici in corso, Vanessa ci offre una visione dell’Irlanda diversa da quella che l’immaginario collettivo tende a stigmatizzare in un insieme di paesaggi e cieli suggestivi o musiche e danze tradizionali.

Certo l’Irlanda è anche questo: paesaggi mozza fiato e un cielo, che come cantava Fiorella Mannoia “ti annega di verde e ti copre di blu”. Ma c’è anche altro. C’è la storia ad esempio. E quella dell’Irlanda è una storia complessa. Soprattutto quando parliamo di Irlanda del Nord.

“Nell’Ulster” racconta Vanessa “ci sono stata molte volte nel corso degli anni – da sola, con amici della repubblica irlandese e con chi mi veniva a trovare dall’estero. Racconto dei cambiamenti che, da una parte della guerra e dall’altra, possono piombare addosso alle famiglie, racconto dei miei dialoghi con i taxisti di Falls Road e quelli di Kendal Street, del Muro della Pace, dei piccioni che si appoggiano sulla statua della regina Victoria”.

Stiamo parlando del terzo racconto, che si intitola “Frammenti di Belfast” e che  è un po’diverso dagli altri perché qui Vanessa fa parlare in prima persona chi ha vissuto quelli che vengono definiti i “Troubles” e che vengono eufemisticamente tradotti con il termine di “disordini”.

E poi c’è la gente.

“L’Irlanda non solo mi fa crescere professionalmente”, dice “ma mi fa letteralmente perdere la testa: lì incontro alcuni dei miei più cari amici che restano ancora nonostante le distanze geografiche”

Per non parlare dei bambini che “sono stati indubbiamente i maestri più spietati” racconta “mi correggevano l’accento, la grammatica, la sintassi senza paura d’essere maleducati. Il più tenace di tutti è stato Colin, che ora ha quasi vent’anni e che considero come un fratello minore, ma che non sopportava che io non pronunciassi il suo nome in modo corretto, oppure che non sapessi cos’era un banana sandwich. La sua frase preferita era “I am not sure I know what you mean” ….. Era un killer senza cuore che però nel giro di un paio di settimane riuscì a insegnarmi, suo malgrado, molto di più di quanto era riportato in quell’ostile libro di grammatica contro cui sbattevo da anni”.

Dunque questo libro è anche e soprattutto “una lettera d’amore”. Per citare ancora un’ultima volta l’autrice, “una lettera d’amore per una nazione che ho visto cambiare nel corso degli anni… Lì c’è l’Oceano Atlantico, e c’è la musica ovunque. Sulla mia Punto nera, molto scassata, vado ovunque in Irlanda e sotto i suoi cieli mi perdo, ma forse alla fine mi sono anche trovata”

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