“Incominciai a raccogliere piani a cilindro perché i miei anni più belli sono legati all’epoca della massima diffusione e successo di questo strumento, espressione di una così umile umanità. La pianola infatti è per i grandi e per i piccoli qualcosa di indefinibile: è affetto, dolcezza, ricordo.” Marino Marini
In occasione di Art City e fino a domenica 5 febbraio, Palazzo Fava di Bologna ospita la mostra Parlami d’amore Mariù. I piani a cilindro della Collezione Marino Marini, a cura di Luigi Gerli e Anna Zareba. La mostra espone 14 degli 85 piani a cilindro, quasi tutti di fabbricazione italiana, della Collezione Marino Marini.
La Collezione Marino Marini di Strumenti Musicali Meccanici è la più grande collezione italiana di questo genere e una delle più grandi nel mondo. Le origini della collezione sono da ricercare negli anni ’50, quando l’imprenditore ravennate cominciò ad appassionarsi di piani a cilindro e, successivamente, di tutto quel mondo ricchissimo e variopinto della musica meccanica. Nel 1985 lo Stato italiano definisce la Collezione di eccezionale interesse attraverso un vincolo ministeriale e nel 2007 l’intera collezione viene acquistata dalla Fondazione Carisbo.
La costruzione dei primi piani a cilindro viene solitamente attribuita alla famiglia inglese Hicks di Bristol (inizio del XIX secolo). E’ stato però accertato di recente che negli anni in cui Hicks inizia a costruire i suoi piani a cilindro, strumenti di questo genere venivano costruiti anche in Italia: ne è prova il piccolo piano a cilindro “a spalla” costruito all’inizio dell’Ottocento da Pietro Volontè, cembalaro e inventore in Como, presente nella Collezione Marini ed esposto nella mostra a Palazzo Fava.
I piani a cilindro, dai primi modelli piccoli e“a spalla”, assunsero successivamente forme diverse e di solito più grandi. Quelli più noti sono infatti i piani a cilindro verticali, con il cilindro nella parte anteriore dello strumento (al posto della tastiera). Sono stati costruiti anche piani a cilindro “cabinet”, raramente a coda (come il piano costruito dalla ditta Vosgien di Novara, presente in mostra) oppure di tipo “orchestrion” (con accessori come tamburi, nacchere, xilofoni etc.). Spesso gli strumenti sono stati arricchiti dagli automi.
In Italia il piano a cilindro vide negli ultimi decenni dell’Ottocento e nei primi due del Novecento la sua ultima fioritura e il suo triste, definitivo tramonto.
Informazioni:www.genusbononiae.it