Pochi, pochissimi se ne ricordano. Cento anni fa, il 7 giugno 1918, un drammatico incidente coinvolse le operaie di una polveriera, lontano dal fronte italiano della Grande Guerra. Alle 13.50, un’esplosione nel reparto spedizioni della fabbrica di munizioni svizzero-francese Sutter & Thévenot, a Castellazzo di Bollate, in provincia di Milano, investì i lavoratori, in prevalenza (1500) operaie giovanissime. Su cinquantanove morti, 52 erano donne tra i 16 e i 30 anni. Costruivano su licenza il “petardo Thévenot”, tra le bombe più conosciute della Grande Guerra e più utilizzate sul nostro fronte. In particolare, per il ridotto raggio d’azione, insieme al pugnale il petardo fu l’arma simbolo degli Arditi.
Ernest Hemingway, allora diciannovenne volontario della Croce Rossa dove presta servizio come autista di ambulanze, proprio quel giorno arriva in treno da Parigi a Milano. Nel primo pomeriggio viene chiamato immediatamente e inviato sul luogo del disastro per prestare soccorso. Ciò che vede lo impressiona a tal punto che, quattordici anni dopo, ne “I quarantanove racconti” volume pubblicato per la prima volta a New York nel 1938 – dedicherà all’incidente Una storia naturale dei morti: «Quanto al sesso dei defunti, è un dato di fatto che ci si abitua talmente all’idea che tutti i morti siano uomini che la vista di una donna morta risulta davvero sconvolgente. La prima volta che sperimentai quest’inversione fu dopo lo scoppio di una fabbrica di munizioni che sorgeva nelle campagne intorno a Milano, in Italia. Arrivammo sul luogo del disastro in autocarro […], alcuni di noi furono messi a piantonare quei grossi depositi di munizioni che, chissà perché, non erano saltati in aria, mentre altri venivano mandati a spegnere un incendio divampato in mezzo all’erba di un campo adiacente; una volta conclusa tale operazione ci ordinarono di perlustrare gli immediati dintorni e i campi circostanti per vedere se ci fossero dei corpi. Ne trovammo parecchi e li portammo in una camera mortuaria improvvisata e, devo ammetterlo francamente, la sorpresa fu di scoprire che questi morti non erano uomini ma donne… Ricordo che dopo aver frugato molto attentamente dappertutto per trovare i corpi rimasti interi ci mettemmo a raccogliere i brandelli…“.
Altre operaie, vittime del lavoro in altre fabbriche e in altri anni, hanno avuto riconosciuto il loro sacrificio con la memoria dell’Otto marzo. Le donne operaie di Bollate, invece, sono state cancellate due volte: dall’esplosione e dalla memoria civile. Perché?