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THOMAS COOK: SI CHIUDE

Quando leggerete la vicenda probabilmente si sarà già conclusa. Oggi, questa notizia ci dà lo spunto per una riflessione sul turismo.

Il fatto: la britannica Thomas Cook, la più antica agenzia di viaggi del mondo rischia seriamente di chiudere i battenti. Fondato 178 anni fa da Thomas Cook, un predicatore battista inventore dei viaggi di massa e del turismo moderno, questo tour operator attualmente nelle mani cinesi di Fosun Tourism Group rischia il fallimento.

Conseguenza: perdita di 9mila posti di lavoro nel Regno Unito, di oltre 10mila nel resto del mondo; 600mila turisti (circa 150mila britannici) bloccati all’estero. Se l’azienda fallisse, riportarli a casa, secondo fonti dell’aviazione civile citate dalla Bbc, costerebbe circa 600 milioni di sterline. Per gli inglesi sarebbe la più imponente operazione di recupero di persone dopo Dunquerke. Neppure Tui (abbreviazione di Tourism Union International) con sede nella città di Hannover, il maggiore concorrente di Thomas Cook, se la passa bene: quest’anno il gigante tedesco ha subito ingenti perdite. Segno che la situazione è difficile per tutti gli operatori cosiddetti “generalisti”.

Quali sono le cause di questo chiamiamolo disagio professionale delle AdV e dei TO – nella lingua del marketing le agenzie di viaggi e i tour operator – oggi in crisi? Intanto, il fatto appunto di essere generalisti (l’articolo di Silvia Falomo sul numero scorso a proposito di turismo esperienziale è eloquente). Poi la crisi economica del ceto medio occidentale, costretto a ridurre destinazioni e durata di viaggi e vacanze. Sommiamo a questo la generale corsa al ribasso dei prezzi tra competitori; la concorrenza delle Olta – le online travel agencies; la situazione della sicurezza sia internazionale che nazionale. Soprattutto, il cambiamento delle abitudini delle persone che a poco a poco stanno abbandonando il canale dei viaggi organizzati per il fai da te.

Che fare? La risposta, per quanto riguarda l’Italia, non è rinvenibile nella sfera di cristallo dei consulenti né in certune scelte delle istituzioni (tasse, balzelli e altre discutibili scelte politico-economiche) che, anziché svilupparlo, deprimono il settore. Un settore che con l’indotto, secondo gli analisti, genera circa il 10% del Prodotto interno lordo. Con buona probabilità, la risposta è affidata a una più consapevole strategia di marketing. Il turismo non è un fenomeno rispondente a un modello statico: evolve con la società che lo genera. Per questa ragione deve essere studiato, compreso e gestito di pari passo con i cambiamenti storici, sociali ed economici, ponendo più attenzione alle caratteristiche della domanda e dell’offerta e al rispetto dell’ambiente.

 

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