Stamattina mi è capitato sotto il naso un vecchio articolo del Corriere della Sera di 8 anni fa in cui Paolo Conti scrive di condoni (in quei giorni si susseguivano voci di una sanatoria fiscale da inserire nell’ambito della manovra di Ferragosto).
Se uno si vuol divertire a dare in pasto a Google la parola condono ha poi da leggere per un intero pomeriggio e dopo, automaticamente, cadere nella riflessione disgustata e un po’ scontata che l’Italia vive ormai da tempo anni bui e che non sappiamo più tenere la schiena dritta.
Ma poi leggi l’articolo di Conti, che ti rinfresca il ricordo scolastico, e capisci che non c’è speranza, che è genetico, che siamo un popolo fatto così, che questi sono i costumi italici. Punto.
Sì, perché il giornalista del Corriere ci ricorda che “il massimo condonatore non solo d’Italia ma d’Europa fu, e resta ancora imbattuto, l’imperatore Adriano”.
Siamo nel 118 dopo Cristo e, pochi mesi dopo essere approdato al potere, Publio Elio Traiano Adriano ha l’esigenza di entrare nelle grazie del popolo e consolidare la propria popolarità. Così annuncia un megacondono con stralcio immediato: distrugge infatti, in una sola notte, tutti i documenti che comprovavano gli arretrati dei sedici anni precedenti. L’annullamento del debito fiscale consisteva in una cifra enorme: 900 milioni di sesterzi (per Roma e province dell’Impero). Tanto per farsi un’idea, l’ammontare equivaleva a quasi un anno di gettito che l’Impero Romano raccoglieva dalle entrate fiscali.
Nessuno fu escluso dall’atto di magnanimità.
La conseguenza fu un gran successo personale e un bel risultato in termini di immagine.
E pensare che al tempo il politico non era aiutato dai social: chissà oggi quanti like e cuoricini avrebbe raccolto il generoso imperatore romano?