Sull’orlo di una crisi non solo economica ma anche di nervi … è questa in sintesi la situazione del nostro Paese, almeno stando al presidente della Società italiana di Psichiatria, Claudio Mencacci. Quest’ultimo, in un’intervista rilasciata all’l’Huffington Post, ha definito la nostra, non una Pandemia, ma una Sindemia ovvero una situazione che non riguarda più solo l’aspetto sanitario, ma anche quello economico e psicologico/relazionale nonché culturale e soprattutto sociale. Ad essere più a rischio ormai è, infatti, la tenuta sociale del Paese perché la gente non ce la fa più.
Il rischio è che questo stato di cose generi rabbia sociale che, una volta esplosa, sarebbe difficile far rientrare. In effetti basterebbe rammentare, avendo studiato la storia, come le tante rivolte o rivoluzioni scoppiate, da che mondo è mondo, abbiano sempre preso forma all’interno di situazioni limite, in contesti cioè di miseria da un lato e condizioni opprimenti dall’altro.
Come spiega sempre Mencacci gli esseri umani hanno, infatti, forti doti di resistenza, ma diventa difficile metterle in atto quando si tira troppo la corda, perché alla lunga subentra l’inevitabile fase di esaurimento. Una fase del tutto fisiologica a cui l’individuo non è in grado di sottrarsi, esattamente come non è in grado di mantenere la soglia di attenzione dopo molte ore di lezione o di restare sveglio per giorni e giorni, senza qualche pausa di sonno … prima o poi subentrerà l’esigenza fisiologica di dormire o, in alternativa la follia … seguita da morte certa. Proprio nello stesso modo lo stato di sacrificio protratto (soprattutto in assenza di risultati) porta quasi inevitabilmente l’individuo a reazioni impulsive.
Il prolungarsi dei divieti che sembrano portare comunque al non ottenimento di risultati genera, infatti, sentimenti di frustrazione e impotenza che possono sfociare nel fatalismo o nella rabbia.
Avete presente poi quando nell’antica Roma, Giovenale sosteneva che per governare il popolo, occorre concedergli “Panem et circenses”? ovvero cibo e divertimento? Ecco a noi, popolo italiano (disposto anche volentieri a rinunciare al divertimento, se occorre) al momento non viene più garantito neanche il pane. Basta vedere quanti negozi bar e ristoranti sono costretti a chiudere definitivamente perché falliti a causa del lockdown o perché, facendo pochi introiti, non riuscivano più a rientrare delle spese.
A questo punto dunque c’è chi comincia a reagire con un atteggiamento fatalista, diventando imprudente se non addirittura negazionista, e chi invece soccombe alla rabbia, in modi presumibilmente anche più inaspettati o imprevedibili. I disagi psicologici, tra ansia e depressione, sono saliti d’altronde più del 30% solo in quest’ultimo anno.
In certi casi, la gente ha dovuto sopportare contemporaneamente troppi pesi: oltre alle restrizioni, anche i lutti, la disoccupazione, l’isolamento e la paura di ammalarsi … E, oltre a non aver ricevuto in cambio alcun sostegno o notizia positiva (almeno ogni tanto), si è vista invece togliere anche quel po’ di gioia – seppure effimera – del Natale. E non solo. I cittadini hanno dovuto sorbirsi le ramanzine e i sensi di colpa per gli assembramenti estivi e per le code ai negozi non ben distanziate. Come se la colpa fosse solo della loro buona o cattiva volontà. Eppure lo capisce anche chi mastichi solo un po’ di psicologia spicciola: nessuno può resistere a tanto, senza lo spiraglio di una gratificazione o di un incoraggiamento ogni tanto. L’isolamento poi, anche questo è abbastanza risaputo, provoca “fame di socialità”. Si tratta di un meccanismo che funziona esattamente come quando siamo affamati da tempo e improvvisamente vediamo del cibo … quanto possiamo resistere prima di mangiarlo?
Inoltre ci sono le persone che, se prima si barcamenavano per arrivare a fine mese, ora sono precipitate in uno stato di nuova povertà che sta appena ora cominciando a contare i primi casi di vera disperazione, ma anche di suicidio, altro fenomeno che potrebbe dilagare con il peggiorare della crisi economica …
Si spiega così facilmente anche la disobbedienza civile, seppur gentile (almeno per il momento) di quei ristoratori e baristi che hanno deciso di restare aperti comunque, sfidando divieti e multe … “Per avere la certezza di morire di fame” dicono “tanto vale vivere col rischio di contrarre il virus”, al quale tra l’altro, come si è visto, si può anche sopravvivere.
Dunque se non si mangia, si muore, mentre se si contrae il Covid, ci si può anche curare: farmaci ce ne sono, anche se non proprio specifici e a breve dovrebbero arrivarne anche altri messi appositamente a punto dalla ricerca in corso. Si è visto inoltre che la cosa importante sembra essere quella di non sottovalutare i primi sintomi onde impedire che l’infiammazione causata dal virus possa degenerare … Insomma sarebbe il tempismo a fare la differenza. Se i contagiati fossero assistiti a casa con cure adeguate ai primi sintomi, non ci sarebbe alcun rischio di affollamento negli ospedali.
In ogni caso la storia insegna che la gente ridotta alla fame è disposta a tutto (vedasi la presa della Bastiglia del 1789, giusto per fare un esempio), cosa che, stando alle attuali politiche, sembra però non contare molto. Sembra inoltre che, per le attuali decisioni politiche, si ascolti quasi esclusivamente la voce della scienza (anche troppo, vista la quantità di virologi che si contraddicono continuamente, in ogni programma tv), come se la salute fosse una mera questione di funzionamento di organi e non dipendesse affatto da un ben più complesso equilibrio psicofisico.
Eppure sono ormai molti i media che stanno lanciando l’allarme. Anche perché la crisi di Governo non aiuta, creando anzi, un clima di ulteriore incertezza …
Un articolo su Repubblica, datato 18 gennaio, riportava ad esempio, come siano aumentati gli stati d’ansia e di stress soprattutto tra le donne e i giovani. Tra questi ultimi, in particolare, ci sarebbero sempre più tendenze all’autolesionismo oltre che tentativi di suicidio.
Anche l’Agi, nota agenzia di stampa, titolava lo scorso 19 gennaio “Dalla Pandemia rischi per giovani e coesione sociale”
E di nuovo l’HaffPost, con un altro articolo, intitolato “Col Covid aumentano depressione e ansia”, che sottolinea come i risultati di una ricerca pubblicata su “Nature”, a firma di Marco del Mastro e Giorgia Zamariola, evidenzino più che mai la necessità di tener conto delle conseguenze psicologiche della Pandemia e di come sarebbe importante, sempre stando agli autori della ricerca, puntare “all’implementazione di un approccio di policy olistico che consideri la salute sia fisica che mentale”. Aggiungerei, giusto per chiudere, che paura e depressione possono far ammalare in ogni caso, anche in assenza di virus.
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