Seppur messinese di nascita, Filippo Juvarra (1678-1736) è l’architetto che, più di ogni altro, ha contribuito nel ‘700, a conferire a Torino e in parte a Madrid, un’immagine di respiro europeo. La biblioteca Nazionale universitaria del capoluogo piemontese, in particolare conserva il più cospicuo fondo di disegni del grande architetto.
Dopo una serie di anni vissuti a Roma, Juvarra approdò a Torino e vi rimase anche quando, nel 1720 Vittorio Amedeo II prese possesso del Regno di Sardegna. Dopo la cessione all’Austria della corona di Sicilia, restarono comunque legati ai Savoia e al Piemonte numerosi siciliani insigni in vari campi, il più celebre dei quali, appunto Juvarra, che fu uno dei principali registi della trasformazione architettonica della Torino settecentesca, ammirata in tutta Europa. Nello stesso anno, con Regio Editto del 25 ottobre, fu riformata l’Università, in seno alla quale è istituita la Biblioteca d’Ateneo, che entrerà in funzione nel 1723 unificando le collezioni librarie ducali, civiche e universitarie.
Per inciso la Biblioteca Nazionale Universitaria ha voluto celebrare la ricorrenza del suo trecentesimo anniversario intitolando proprio di recente, la sua sala mostre al grande architetto messinese ed esponendo per la prima volta nella sua interezza il Corpus juvarrianum. Titolo della mostra è “Filippo Juvarra regista di corti e capitali dalla Sicilia al Piemonte all’Europa”. Seppure non sia consentito visitarla dal vivo, al momento sono previste due date (il 12 e il 19 marzo dalle 11) in cui sarà possibile visionare sul sito dedicato alla mostra, video approfondimenti realizzati dai curatori. Domenica 14 inoltre è previsto un video tour dei paesaggi juvarriani promosso dal Ministero della Cultura in occasione delle Giornate del Patrimonio (info su www.juvarrallanazionale.it).
Elegante ed austera, Torino deve il fascino che la contraddistingue, a grandi architetti che nei secoli hanno lasciato la loro impronta, ma fu Juvarra che più d’ogni altro, contribuì a conferire alla città un’immagine di respiro europeo in grado di rivaleggiare con ogni altra capitale e corte dell’epoca. Il suo compito, come primo architetto regio, fu adeguare il panorama urbano della città alle esigenze di una capitale del Regno, con grandi ambizioni.
Una volta raggiunta però la fama internazionale Juvarra fu chiamato, nei suoi ultimi anni di vita, in Spagna da Filippo V che gli commissionò progetti per il completamento del Palazzo Reale nonché la Granja di Sant’Ildefonso e il Palazzo di Aranjuez, a Madrid, anche se poi realizzati dopo la sua morte da Giovan Battista Sacchetti e altri allievi.
Nel frattempo, tra l’una e l’altra città, il noto architetto girò, mezza Europa, non a caso fu definito l’architetto delle Capitali. Si recò nel dicembre 1718 a Lisbona su invito ufficiale del re Giovanni V. Qui però l’impresa per la realizzazione della Chiesa Patriarcale e del nuovo Palazzo Reale, da edificare nella zona collinare di Bellas Aires, non ebbe buon esito, ma Juvarra riuscì comunque a guadagnarsi le simpatie del monarca, che gli offrì un vitalizio e lo decorò con la Croce di Cavaliere dell’Ordine di Cristo. Lasciato il Portogallo nel luglio 1719, andò dapprima a Londra, poi nei Paesi Bassi e a Parigi, per poi rientrare finalmente a Torino, anche se per poco.
Il suo estro artistico necessitava di ispirazioni e così nell’inverno del 1720 si recò nuovamente a Roma, dove aveva condotto i suoi studi e il suo apprendistato giovanile e dove poté curare, insieme a Filippo Vasconi, la riproduzione grafica delle facciate di Palazzo Madama e delle chiese gemelle di piazza San Carlo; quest’edizione a stampa doveva far parte di un progetto iconografico di più ampio respiro, tuttavia non decollato, seppur volto ad illustrare le realizzazioni architettoniche regie in costruzione. A Roma Juvarra tornerà ancora nel 1732 con una speciale licenza regia. Questa volta avrebbe voluto aggiudicarsi la costruzione della Sagrestia Vaticana, ma nuovamente la cosa non andò in porto. Ulteriori delusioni, quali la mancata esecuzione della facciata di San Giovanni in Laterano, suscitarono nel suo animo il desiderio di lasciare l’Urbe e di fare nuovamente ritorno a Torino, sua città d’elezione.
Fu proprio nella sua città natale, che l’architetto delle capitali incontrò Vittorio Amedeo II di Savoia, al quale presentò il progetto del Palazzo reale di Messina, che lo portò alla volta di Torino, la prima volta, per l’elezione della Basilica intitolata alla Vergine sul colle di Superga, universalmente considerata uno dei suoi capolavori. La sua attività architettonica fu impegnata principalmente nell’ampliamento della città sabauda e nella realizzazione della facciata e dello scalone di Palazzo Madama, ma anche nel completamento di Palazzo Reale, della Reggia di Venaria e della Palazzina di caccia di Stupinigi.