Fino a qualche tempo fa le cronache e pure alcuni film nostrani lo definivano “pappagallismo”. Un fenomeno diffuso anche all’estero. In Spagna “piropear” definisce una galanteria… audace rivolta a una donna (echar piropos a una mujer por la calle). I francesi lo chiamano sifflement, fischio di apprezzamento. In inglese si dice catcalling. Propriamente in questa lingua il catcalling è segno di dissenso: il “bueggiare” allo stadio (© Gianni Brera), il fischiare del pubblico a teatro. L’Oxford Dictionary riporta un aggiuntivo significato di questo lemma del 1956: il verbal street harrassment, l’apprezzamento volgare per strada rivolto a una donna da parte degli uomini, oggi ritenuto espressione fallocentrica. Secondo la percezione diffusa nella maggioranza delle donne, dietro parole che sembrano complimenti il catcalling in realtà rivelerebbe una scarsa stima, assimilandole a oggetto del desiderio e per questo bersaglio di frasi sessiste e volgari.
Molti uomini minimizzano il fatto. Del resto nella società il confine tra apprezzamenti e molestie verbali è labile, come testimoniano le diverse risposte date a questo fenomeno di malcostume. In Francia, per esempio, nel 2018 il governo ha approvato una legge che dichiara punibile il catcalling su strade o mezzi di trasporto pubblico con multe fino a 750 euro, oltre a una mora per comportamenti perfino più aggressivi. Anche in altri Paesi questo comportamento volgare viene punito.
Non così in Italia: «Nel nostro paese il catcalling non è ancora considerato un reato. Anzi, vi è chi ritiene che qualificare un atteggiamento del genere come un comportamento penalmente perseguibile rischia di ledere la “libertà degli individui di corteggiare e di approcciarsi ad altri”. Tuttavia, chi appoggia tale visione dimentica che alla base delle relazioni umane c’è il consenso e, quando questo viene a mancare, non può non ritenersi lesa la libertà di autodeterminazione della vittima» (E. Avenia – Salvis Juribus – genn. 2021).
Il catcalling tiene sempre più banco anche sul web. Qui, iniziative portate avanti da gruppi di attivisti hanno l’obiettivo di sensibilizzare l’opinione pubblica sulla discriminazione e la violenza di genere. E dunque anche la politica. Non sarebbe male però cominciare a combattere questa forma di sopruso rinunciando all’inglese. Il nome italiano per definirlo c’è: si chiama molestia.