Parliamo di “comunicazione in tempo di crisi”.
Con il diffondersi della attuale pandemia è nata una nuova parola: Infodemia. Il neologismo coniato dall’Oms -Organizzazione mondiale della sanità, entrato rapidamente in uso nel mondo occidentale viene dall’inglese infodemic, a sua volta composto dai sostantivi info(rmation) (‘informazione’) e (epi)demic (‘epidemia’).
L’infodemia è la “circolazione di una quantità eccessiva di informazioni, che rendono difficile orientarsi su un determinato argomento per la difficoltà di individuare fonti affidabili” (Treccani).
Una pervasività, una ridondanza di notizie col contorno inevitabile di irrimediabile disinformazione, di cui i media tradizionali e i social media sono in buona parte corresponsabili e dalla quale nessuno può dirsi immune. Di fatto, nella congerie dei messaggi in circolazione sulla pandemia le fake news sono parte tutt’altro che trascurabile.
Nel suo Situation report n.13 dell’Oms a oggetto “Novel Coronavirus 2019-nCoV”, l’Organizzazione rilancia il concetto di infodemic definendolo “una sovrabbondanza di informazioni – accurate e no – che rende difficile alle persone trovare fonti informative attendibili e indicazioni affidabili quando ne hanno bisogno”. A parere dell’Oms, l’infodemia è addirittura una malattia che fa più male del Coronavirus; anzi, secondo l’Ente, la disinformazione da sola avrebbe provocato qualche migliaio di morti.
Come avviene il danno derivato da questo eccesso di dis)informazione? Il rischio di contagio infodemico, in particolare sui social dove il terreno è fertile e dove la fragilità culturale è più diffusa, aumenta in modo vertiginoso; secondo uno studio degli italiani G. Primiero e L. Prandi pubblicato nel novembre 2020 su Applied Network Science, il danno si produrrebbe con l’aumento della diffusione del virus dovuta alla falsa informazione; essa infatti può indurre comportamenti negativi come l’interruzione volontaria del confinamento (lockdown) o della quarantena e il mancato rispetto dell’uso di misure di protezione e controllo, negligenze che possono avere ricadute sulla circolazione del contagio. In altre parole, non solo il numero dei contagiati aumenta, ma cresce anche la velocità della curva epidemiologica.
Con le tristi conseguenze che conosciamo.