Ignoranti e poco formati. Parliamo degli studenti italiani, interpreti dei test Invalsi* di quest’anno, le prove effettuate su un milione di allievi della primaria (classi IV e V), 530mila della secondaria di primo grado (classe III) e circa 475mila studenti dell’ultimo anno.
In sintesi, questi gli inquietanti risultati: uno studente su due termina il percorso di studi senza raggiungere in italiano e matematica il livello minimo di competenze; quasi quattro alunni su dieci si diplomano in terza media, ma hanno competenze da quinta elementare; metà dei maturandi ha competenze da terza media; alle superiori il 44% degli studenti non raggiunge il livello minimo di conoscenza dell’italiano (nel 2019 erano il 35%) e via… sconcertando sulla qualità e la efficacia dei requisiti culturali posseduti dai nostri concittadini più giovani.
Un processo di downgrading – usiamo pudicamente l’inglese, in italiano “declassamento” ai più risulta offensivo – iniziato decenni fa, di cui si direbbe siamo incapaci di invertire la tendenza.
Le cause del degrado della scuola sono molteplici, e le origini sono sotto gli occhi di chiunque voglia vederle. Perdurando questo stato di cose in prospettiva avremo sempre più sudditi analfabeti, inconsapevoli di diritti e doveri personali, collettivi, civici ovvero dell’educazione di base.
E qui affrontiamo il secondo corno del problema. La formazione delle persone. Con le risultanze di apprendimento prima citate, quale rilevanza ed efficacia potrà avere, per esempio, la recentemente decretata introduzione della «educazione civica» fra tutte le altre materie? Sostiene Galli della Loggia in un suo recente intervento sul quotidiano Corriere della Sera: una scuola che crede che la chiave dell’educazione sia l’insegnamento di «democrazia», è «una scuola che ha smarrito il senso della propria natura e con essa la propria anima. Che rimane una sola: l’istruzione. La scuola è nata per istruire e dalla convinzione che l’istruzione in quanto tale abbia un potere educativo, che essa in quanto tale incivilisce».
Non è il caso di rimpiangere i “bei tempi passati”, consapevoli che quelli erano altri tempi, altre scuole, altri insegnanti. E altre famiglie. Con difetti (molti) e pregi (pochi). Certo è però che se vogliamo recuperare il terreno ceduto alla ideologia dominante coi risultati di istruzione e formazione che abbiamo visto, dobbiamo correre ai ripari subito, recuperare senza vergognarcene quegli elementi buoni del nostro passato.
E correre. Ogni mattina, come il leone e la gazzella della arcinota gag.