Ravenna rende omaggio a Dante per il settecentesimo anniversario della morte. Questi sono i giorni in cui le celebrazioni -avviate un anno fa- raggiungono il culmine, per quanto il ricco cartellone conti ancora tantissime occasioni di memoria, studio e divulgazione del lascito del Sommo Poeta.
E’ un legame forte e consolidato quello fra il poeta fiorentino e Ravenna: qui scrisse parte del Purgatorio e il Paradiso e qui morì esule, forse di malaria, nella notte fra il 13 e il 14 settembre 1321.
Nel suo lungo peregrinare lontano da Firenze, pare che Dante passò da Ravenna prima di trasferirvisi sia nel 1303, che nel 1310. Presumibilmente fu in una di quelle occasioni che attraversò la splendida pineta di Classe che poi descrisse come “la divina foresta spessa e viva” nel Canto XXVIII del Purgatorio.
Ma fu nel 1318 che Guido Novello da Polenta, potestà della città, persuase il Sommo Poeta a scegliere l’antica capitale bizantina come sua ultima oasi di tranquillità. A convincerlo, certo, contribuì anche la possibilità di avere un sostentamento economico, grazie all’incarico di rappresentanza garantitogli dal Novello, che viene infatti ricordato come suo mecenate.
Le tracce del Padre della Letteratura Italiana e i suoi versi riecheggiano oggi in molti luoghi di Ravenna.
Ubicato al primo piano dell’ex convento francescano, il MUSEO DANTE propone un viaggio attraverso le opere, la vita e la memoria dell’Alighieri. Realizzato nel suo primo impianto nel 1921, si configurò inizialmente come un deposito per cimeli danteschi di proprietà comunale. Nel corso dell’ultimo secolo subì una lunga interruzione di attività, diverse risistemazioni e integrazioni negli allestimenti, per infine approdare nel nuovo Museo.
Strutturato in più sale, il Museo propone un percorso emozionale -tra storia e immagini- attorno all’uomo e all’artista Dante, approfondendo il tema della Commedia e della successiva fortuna. Fra i reperti esposti si contano oggetti di grande suggestione, come la cassetta in cui i frati nascosero le ossa del Poeta e l’arca in cui le stesse furono esposte al pubblico nel 1865, dopo il loro fortuito ritrovamento.
Fra i luoghi della memoria di Dante a Ravenna, nel cuore medievale della città, all’ombra di una grande quercia fatta piantare da Giosuè Carducci agli inizi del ’900, sorge la TOMBA del ghibellin fuggiasco.
Costruita tra il 1780 e il 1781 su progetto dell’architetto Camillo Morigia, la cosiddetta “zucarira” (la zuccheriera in dialetto locale) spicca al fondo di Via Dante Alighieri. Al centro del piccolo ambiente pende una lampada votiva alimentata con l’olio delle colline toscane che ogni anno, durante la seconda domenica di settembre, il Comune di Firenze offre in memoria dell’illustre concittadino. L’interno della tomba, rivestita di marmi in occasione del Centenario del 1921, conserva l’arca sepolcrale che racchiude le ossa di Dante con il bassorilievo dello scultore Pietro Lombardo.
Dopo la morte, le spoglie di Dante furono conservate per quasi due secoli nella Chiesa dei Frati minori di Ravenna. Durante questo periodo i fiorentini tentarono di riavere indietro (da Ravenna) le ossa di Dante. Tra il Cinquecento e il Settecento le spoglie di Dante scomparvero per ben due secoli, gelosamente custodite dai monaci francescani nel timore che i Fiorentini le trafugassero per riportarle nella città natale.
Tra il 1780 e il 1782 fu costruito l’attuale mausoleo. Fu in quell’occasione che le spoglie di Dante comparvero nuovamente e furono ricollocate nell’urna originaria. Vi rimasero però ben poco. Nel 1810, a causa delle leggi napoleoniche, i frati furono costretti a lasciare il convento, ma prima si premurarono di nascondere la cassetta con le ossa, che fu rinvenuta casualmente durante i lavori di manutenzione del convento adiacente la tomba il 25 maggio 1865. Su di essa una scritta recitava “Dantis ossa a me Fra Antonio Santi hic posita anno 1677 die 18 octobris” (“Queste le ossa di Dante da me collocate in data 18 ottobre 1677”).
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