La pandemia Covid-19 che ci assilla da ormai due anni ha generato un neologismo: infodemìa, termine ormai di uso comune per descrivere la pervasività e l’eccesso di comunicazione sul tema della pandemia. Il diffondersi tempestivo e incontrollato di notizie, non di rado false e inverosimili diffuse a prescindere da qualunque tipo di controllo di veridicità è nei fatti una pandemia dell’informazione. Il problema è serio: se la disinformazione è una bugia con lo scopo di confondere, e la misinformation è un errore fatto in buona fede, la fake news (la bufala) è una bugia creata deliberatamente, mascherata come verità (Wikimedia Research, 2015).
Nella attività di contrasto alla pandemia, questo problema è ancora più rilevante; l’occupazione del palcoscenico mediatico da parte di opinionisti esperti reali e sedicenti e di loro contraddittori catturati dal richiamo della vanità televisiva divulga una comunicazione litigiosa, inadeguata all’emergenza sanitaria.
Neppure la comunicazione istituzionale è stata (continua ad essere) soddisfacente su un tema cruciale come l’emergenza sanitaria, le misure restrittive e le ragioni che le determinano; non di rado, anziché dissiparla, accresce confusione nei cittadini destinatari dei messaggi. «Se si prendono in considerazione i testi di questa pandemia, come i famosi Dpcm, il livello di complessità ha dimostrato che ben due persone su tre non sono state capaci di comprenderne i contenuti» (webinar Ferpi, apr. 2021). Messaggi non accuratamente verificati, contraddittori quando non addirittura falsi disorientano i cittadini; situazione tanto più inaccettabile se si pensa che sette adulti su dieci, secondo un’indagine dell’Istituto Carlo Cattaneo per la Fondazione Giangiacomo Feltrinelli soffrono di analfabetismo funzionale.
Diffondendo cronache di cui è acritica portavoce, anche l’informazione giornalistica dei media generalisti contribuisce all’infodemia. Stessa cosa vale per la comunicazione circolante sui social: «L’avere a portata di mano giornali e giornalisti sui social network ingenera spesso la convinzione negli utenti di essere sullo stesso piano, solo perché si condivide il canale di diffusione: un profilo Facebook o Twitter dovrebbe avere la stessa “autorità” a prescindere dal possessore solo per il fatto di essere sulla stessa piattaforma (R. Talarico in Lo Stato in crisi. Pandemia, caos e domande per il futuro. Angeli 2021).
Su Covid la comunicazione generale di questi due anni, non diversamente da quella delle pandemie passate: aviaria, mucca pazza, Hiv e via elencando, purtroppo conferma che durante le crisi che coinvolgono la salute pubblica le persone tendono a credere più alle bufale e alle cattive informazioni che alla scienza. Per questa ragione non è da sottovalutare una delle molteplici ripercussioni dell’infodemia: annulla credibilità e fiducia, alimenta sospetto e dissenso.
In concreto: l’eccesso di comunicazione senza controllo e la diffusione di informazioni non verificate non le rende affatto comprensibili. La conseguenza è trasformare la comunicazione di massa in una massa ingovernabile.
«Niente nella vita va temuto ma solo compreso. Bisogna comprendere di più così possiamo temere di meno». Maria Salomea Skodlowska, Maria Curie.