Avete presente “La principessa Sissi” interpretata da Romy Schneider e diretta da Ernst Marischka nel 1955, che le tv del digitale terrestre trasmettono almeno una volta l’anno? Ebbene potete dimenticarvela del tutto, in special modo se vi accingete a vedere “Il corsetto dell’Imperatrice”.
Ancora visibile in alcune sale cinematografiche, la pellicola che ha fatto innamorare il Festival di Cannes, ci mostra una Sissi, decisamente diversa.
Il film diretto da Marie Kreutzer, ci svela un’imperatrice che, ormai quarantenne, è ossessionata dal suo aspetto fisico e al contempo bramosa di liberarsi dai gravosi impegni e dall’etichetta di corte. Una Sissi che si dedica all’attività fisica ma che contemporaneamente fuma, mangia pochissimo (è ossessionata dal giro vita) ed è spesso sopraffatta da malumori e depressioni. Una Sissi dunque, che mette in imbarazzo gli ospiti a corte e che cerca di tener testa al consorte, cosicché il medico arriverà a prescriverle – come cura per i nervi – niente meno che qualche iniezione di eroina.
All’epoca certo, si pensava che l’eroina avesse più benefici che effetti collaterali, ma chissà se dietro tale consiglio medico non ci fosse lo zampino dell’imperatore, suo consorte, che quasi sicuramente l’avrebbe preferita un po’ sedata e ubbidiente piuttosto che impertinente e ribelle. Questo almeno è ciò che il film lascia intendere.
Gli unici momenti di gioia, l’imperatrice li trascorreva quando poteva viaggiare o quando aveva accanto a sé il cugino Ludwig di Baviera, sua unica e vera affinità elettiva. Pare che lui fosse l’unico che riuscisse a comprenderla. Forse proprio per la loro vicinanza di vedute e di sensibilità: entrambi faticavano a sottomettersi agli obblighi che la loro posizione comportava ed entrambi cercavano di scappare, concedendosi lunghe cavalcate nei boschi e fughe sui laghi. Uno dei luoghi prediletti d’incontro tra i due era la Roseninsel (isola delle rose), situata nel lago di Starnberg, a sud di Monaco.
Brigitte Hamann, una delle più autorevoli studiose dell’imperatrice, riporta che “Elisabetta e Ludwig destavano scalpore ovunque comparissero”: erano entrambi molto belli, alti di statura, seri e con una certa aura romantica. Lui però non manifestò mai interesse per l’altro sesso e amava Sissi come una sorta di figura angelicata, un essere più idealizzato che reale. D’altronde Elisabetta era l’unica persona con la quale potesse essere davvero se stesso e per lui rappresentava probabilmente uno specchio in cui proiettare le proprie inquietudini. Una sorta di amore ideale, dunque, ricambiato sembrerebbe, nello stesso modo.
I due erano inoltre accomunati dalle stesse passioni: l’arte, la poesia e gli sport all’aria aperta, ma anche nel dare scandalo: si vedevano talmente spesso e si mostravano talmente felici in pubblico, che in tutte le corti europee si iniziò a malignare che fossero amanti. D’altra parte all’imperatrice, di amanti ne furono attribuiti diversi, mentre sembra che, invece lei non sia mai stata infedele al marito, nonostante le loro incomprensioni.
In questa nuova versione cinematografica, che la ritrae già piuttosto avanti negli anni, possiamo vedere in Sissi, non tanto il personaggio, quanto la donna, tormentata e infelice per la morte d’una figlia ancora piccola, per il rapporto conflittuale con il marito e per quello con il figlio, già adulto, che poi si toglierà la vita. A questi drammi si aggiungevano i doveri di corte e di rappresentanza a cui lei non poteva sottrarsi, se non di rado.
Chiudo con il doveroso elogio all’eccezionale interpretazione dell’attrice protagonista, Vicky Krieps, che avevo già potuto ammirare in un altro grande film, “Il filo nascosto”. In questa interpretazione magistrale e moderna di un’imperatrice al contempo tormentata e romantica, è risultato evidente il lavoro di preparazione che deve esserci stato dietro. Un lavoro di scavo profondo – di grande sensibilità e spessore – nella psicologia di un personaggio eclettico e contraddittorio quale fu appunto quello di Sissi. Non a caso la Krieps ha fatto innamorare la giuria del Festival di Cannes, dalla quale ha ricevuto il riconoscimento per la miglior interpretazione femminile. Il film ha vinto anche il Festival di Londra e si candida, a buon titolo, a fare incetta di Oscar.