Torino si riconferma anche quest’anno, tra le città del mondo che ospitano la mostra di fotogiornalismo “World Press Photo”. Si tratta, per chi non lo sapesse, di una delle esposizioni tra le più visitate al mondo, poiché consente al pubblico di compiere un viaggio tra i principali accadimenti dell’anno precedente. Quest’edizione propone, infatti, un excursus che va dalla guerra in Ucraina alle proteste in Iran, dal racconto dell’Afghanistan alla crisi climatica, ma tocca anche altri ambiti ed eventi che hanno caratterizzato il 2022.
Oltre ad immortalare scenari di guerra o altri accadimenti di portata internazionale, molti lavori documentano anche la vita quotidiana in contesti di miseria, degrado, privazione dei diritti etc.: famiglie che vivono per strada, persone mutilate dalle mine antiuomo, bambini a cui hanno asportato un rene per il commercio di organi o nati deformi a causa di sostanze tossiche ambientali … giusto per citarne alcuni.
La mostra, allestita nelle sale di Palazzo Barolo (via delle Orfane 7) fino al 19 novembre, consente di ammirare numerosi scatti di fotoreporter delle più importanti testate internazionali come National Geographic, BBC, CNN, Times, Le Monde, El Pais. La foto che ha vinto il contest di quest’anno è quella di Evgeniy Maloletka (Associated Press), scattata il 9 marzo dell’anno scorso, durante l’attacco aereo al Mariupol Maternity Hospital. Nell’immagine si vede una donna incinta, Iryna Kalinina, trasportata da alcuni uomini su una barella. La donna, rimasta ferita, morirà mezz’ora dopo in ospedale dando alla luce un bimbo morto.
Particolarmente toccante, tra le altre foto premiate, è anche “Il prezzo della pace in Afghanistan” del danese Mads Nissen. Si tratta del ritratto di un quindicenne afgano, Khalil Ahmad che posa in piedi, sollevandosi la t-shirt per mostrare una ferita all’altezza del fianco sinistro. Il ragazzo ha dovuto sacrificare un rene affinché la sua famiglia non fosse costretta a morire di fame. Da dopo l’operazione Khalil ha dolori cronici e non ha più la forza neanche per giocare o praticare sport. Immagini dunque in grado di raccontare, attraverso storie soggettive, le condizioni di vita in molte parti del mondo, colpendo la coscienza dello spettatore con l’immediatezza di uno scatto.
“Le foto che abbiamo scelto per rappresentare il 2022 sono molto indicative di questo momento” spiega non a caso, Brent Lewis, redattore fotografico del New York Times e presidente della giuria globale di quest’anno “diventeranno documenti storici di modo che le generazioni future possano guardare indietro e, si spera, imparare”.
Particolarmente interessanti, sempre per le storie che rivelano, sono a mio avviso, gli scatti di Ahmad Halabi e di Nadia Shira Cohen. La prima ritrae una “Donna iraniana seduta in una piazza di Teheran” che sfida la legge sull’hijab, vestendo abiti occidentali senza coprirsi viso e capelli. La seconda invece mostra due donne cambogiane con i loro figli, frutto di maternità surrogate. La maternità surrogata era una pratica usuale in Cambogia fino al 2017, poi è divenuta illegale così molte donne sono state incarcerate nonché condannate a tenere e allevare i bambini partoriti.
Per ulteriori info (orari e costi) e per visionare alcune delle principali photo, il sito ufficiale è https://www.worldpressphoto.org